INTERVISTA A FEDERICO TISI SU ZENTROPA
Zentropa: Partiamo dalle origini, da dove vieni, dove sei cresciuto e a che eta’ hai cominciato le arti marziali?
Federico: Sono nato 34 anni fa a Suzzara, in provincia di Mantova. Ho trascorso i miei primi 20 anni per la maggior parte all’estero, vivendo in Africa, Medio Oriente ed Europa al seguito di mio padre che si spostava per lavoro. Da 14 anni vivo a Roma. Ho iniziato la pratica delle arti marziali all’età di nove anni con lo judo , nel contesto di un corso per bambini organizzato dalla scuola.
Z: Quali sono gli obiettivi che un uomo puo’ porsi attraverso lo sport? Cosa ti ha motivato in questa scelta di vita?
F: Gli obiettivi possono essere molteplici e di differente livello. Si può praticare arti marziali per tenersi in forma ed in salute, oppure per acquisire più sicurezza in sé stessi. Altri invece praticano per mettersi alla prova attraverso l’agonismo. Io pratico arti marziali da 25 anni e nel corso di questo periodo le motivazioni sono cambiate. Da piccolo volevo diventare l’uomo Tigre e picchiare i bambini che facevano le prepotenze a scuola, poi sono passato a volermi affermare come lottatore italiano nel panorama internazionale del jiu jitsu. Oggi pratico per capire il significato profondo della mia disciplina e per aiutare i miei studenti a realizzare i loro sogni.
Z:Dalle tue foto e’ possibile ammirare moltissimi tatuaggi; qual’e’ il significato che questi rivestono per te?
F:Alcuni mi ricordano momenti e persone importanti della mia vita, altri che non si deve mai mollare o cadere in tentazioni negative, ed altri che mi ricordano che anche i momenti peggiori hanno una fine.
Z:La cronaca e’ piena di atti di violenza e bullismo in strada, allo stadio, nelle scuole. Le arti marziali aiutano a limitare questi fenomeni o, come sostengono i suoi detrattori, sprigionano ancora piu’ violenza?
F:Le arti marziali sono un’arma, proprio come un coltello od una pistola. La responsabilità non è da ricercare nell’arma in sé, ma nella persona che la utilizza nel modo errato, ed in chi glielo permette. Nel caso delle arti marziali, la responsabilità è dell’insegnante, che deve non solo impartire nozioni tecniche, ma trasmettere un profondo senso di responsabilità ai proprio studenti. Insegnare male o alle persone sbagliate è come dare ad una pecora corna d’acciaio affilato.
Z:Una caratteristica che sentiamo mancare moltissimo nell’uomo moderno e’ l’autodisciplina, elemento sicuramente vitale nell’attivita’ agonistica. Cos’e’ per te la disciplina e come si esercita su se’ stessi?
F:Nella maggiore disciplina risiede la maggiore libertà. Ogni disciplina è a mio avviso un percorso di liberazione, che si tratti di studio accademico, meditazione, marzialità, sport o altro. Penso che la disciplina si eserciti principalmente attraverso il sacrificio. Nel jiu jitsu esiste un detto che recita “non esistono miracoli senza sacrificio” , ed io ci credo fermamente. Per i lottatori ad esempio significa astenersi dal fumo, dall’alcool, da una vita sregolata, stare attenti al peso, e mantenere sempre un elevato livello di forma fisica, e cercare di combattere più possibile. Quello che spinge chiunque alla disciplina e quindi al sacrificio è a mio avviso una forte motivazione, che per essere tale deve affondare le proprie radici in valori forti.
Z:Come si svolge la tua giornata tipica?
F:Durante la settimana dedico la mattinata ai miei studenti privati, alla corrispondenza ed all’organizzazione del mio lavoro. All’ora di pranzo tengo la prima lezione collettiva, , e la sera la seconda. Mi alleno una o due volte al giorno, tra lotta e preparazione fisica.Durante il fine settimana sono sempre in giro per tenere seminari o per competizioni.
Z:Quali sono i tuoi modelli sportivi e storici?
F:I miei modelli sportivi sono moltissimi, ed ho anche avuto la fortuna di conoscerne molti e di poterne annoverare altrettanti tra i miei amici ed insegnanti. Solo per citarne alcuni: Helio Gracie Vitor Shaolin Ribeiro , Octavio Ratinho Couto, i fratelli Viera, I fratelli Nogueira, Ronaldo Jacaré..
I miei modelli storici sono anch’essi molteplici e di estrazioni culturali molteplici, accomunati da valori forti e da una grande capacità di ispirare positivamente il prossimo. Ultimamente ho letto la biografia di Massoud, e ne sono rimasto colpito.
Z:Ti e’ gia’ capitato di - come si dice a Roma - farti passare la sveglia da qualcuno? Sei sempre uscito integro dai combattimenti o ti sei gia’ rotto qualcosa? Quanto conta il disprezzo delle ferite e della sofferenza in generale in un mestiere come il tuo?
F:Certo che l’ho presa! Solo quelli che non combattono mai non la prendono! Vincere e perdere fa parte del gioco, e l’unica sconfitta imperdonabile e quella dalla quale non si impara niente. Fortunatamente sono state più le vittorie che le sconfitte, ma le sconfitte sono quelle che ti fanno crescere.
Penso che il disprezzo delle ferite e della sofferenza siano attitudini stupide. Chi le adotta finisce per farsi male e per concludere presto la propria carriera. Praticare sport da combattimento a contatto pieno di qualsiasi genere significa già abituarsi a livelli di stress fisico elevati e questo è molto logorante sul piano fisico, specie se si è agonisti. Io stesso, come molti altri lottatori, convivo con ernie al disco, legamenti andati, orecchie rotte ed acciacchi di ogni genere. Occorre prendersi cura del nostro corpo che per un lottatore è come per un samurai la spada. Ignorare i segnali che il nostro corpo ci manda è segno di ottusità, e prima o poi arriva un conto molto salato da pagare.
Z:Evan Tanner e’ recentemente scomparso in condizioni tragiche; abbiamo potuto notare un post sul tuo blog e anche Zentropa gli ha dedicato un’immagine. Lo conoscevi? Puoi raccontarci qualcosa di lui?
F:Nelle mie partecipazioni all’UFC in veste di coach non ho mai avuto il piacere di conoscerlo. Tanner era noto per essere una persona che dava al proprio lavoro di combattente professionista di MMA anche un valore di ricerca interiore. Era un uomo con una forte conflittualità interiore, senza nessuna vergogna nel manifestare le proprie debolezze, e sempre alla ricerca di qualcosa. Spero che ora abbia trovato le risposte che cercava ed un po’ di pace.
Z:Sul tuo kimono appaiono alcuni simboli e nella tua bio su myspace apprendiamo che sei un appassionato di moto; cosa ti attrae di questo universo?
F:Andare in moto è per me molto bello perché mi regala un grande senso di libertà, e molte emozioni. Mi piace fare lunghi viaggi in moto, godermi i panorami e nel frattempo avere tempo per stare un po’ con me stesso. Andare in moto è il mio antidoto allo stress.
Z:Una domanda su Zentropa ed il motto “0% razzismo - 100% Identita’” che spesso viene interpretato in modo erroneo; nelle discipline sportive, cosi’ come negli ambienti militari - ad esempio - un uomo viene valutato per quello che riesce a dimostrare, per il suo coraggio, in poche parole per quello che veramente rappresenta, a prescindere dal colore della sua pelle.
Qual’e’ la tua esperienza a riguardo e cosa nel pensi della frase sopra citata?
F:Sono assolutamente d’accordo. Un essere umano non sceglie dove o quando nascere, ma può scegliere di seguire una tradizione propria del suo popolo e della sua terra che lo incammini verso il diventare uomo, e per questo meritare rispetto. Per il resto le chiacchiere contano poco, alla fine della fiera conta quello che uno fa e come lo fa.
Z:Noi italiani siamo stati un popolo di esploratori e storicamente abbiamo piantato la nostra bandiera ai quattro angoli dell’universo. Oggi non e’ proprio la stessa cosa e ogni italiano che viaggio sente dentro di se’ il peso e l’onore di essere ambasciatore del proprio paese, della propria civilizzazione. E’ anche il caso tuo nei tuoi spostamenti? Senti questa responsabilita’ nel rappresentare l’Italia?
F:Ogni volta che parto per una gara all’estero porto sempre con me il tricolore. Io ed i miei studenti sentiamo molto questa responsabilità, che ci spinge ad allenarci al meglio e a non mollare mai. Sapere di aver portato per primi il tricolore sui podi e nelle arene più prestigiose del mondo ci riempie di un immenso orgoglio.
Z:Ringraziandoti del tempo concessoci vorremmo porti una domanda sui tuoi progetti futuri. Grazie ancora e complimenti per i tuoi traguardi.
F:Grazie a voi per avermi dedicato questo spazio. In futuro desidero competere ancora per un anno o due, e nel frattempo organizzare al meglio la mia accademia. Desidero trasmettere ad altri quello di buono ho appreso dal jiu jitsu in questi anni di pratica, ed aiutare i ragazzi a formarsi sia come lottatori che come uomini. Grazie ancora per il vostro interesse nella mia attività.
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